Auguri di Buon Anno: bilancio e riflessioni sulle attività svolte

Cari associati e cari sostenitori della Federazione Campanari Bergamaschi,

In quest’articolo mi propongo di raccogliere i principali eventi del 2016, non limitandomi a fare un elenco di fatti, ma riflettere su di essi per cogliere una prospettiva coerente per il futuro della nostra associazione. Il 2016 è stato un anno complesso, marcato da grandi risultati e da gravi lutti, cui si sono sommati notevoli ostacoli da superare che, tuttavia, pur profondamente segnando il mio impegno personale profuso per l’associazione, hanno fatto risultare il progetto di riscoperta e rilancio della tradizione campanaria ancora una volta vincente e rafforzato nei suoi pilastri.

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Prima di addentrarmi nei dettagli degli avvenimenti e delle dinamiche dell’anno che si chiude, segnalo i risultati ottenuti. A livello di documentazione, la realizzazione dei documentari sulla tradizione campanaria bergamasca con Regione Lombardia, la partecipazione alla trasmissione di Rai3 Geo&Geo, le interviste su Radio 2.0, sul quotidiano ‘Il Giorno’ e sul settimanale ‘Mio’. In merito al recupero di strutture per il suono manuale, ricordo la tastiera a Solto Collina, Seriate, San Tomaso de’ Calvi e Boltiere, cui si è unito il ripristino delle corde nel campanile di Leffe, rimosse nel luglio del 2001; a ciò si è aggiunto il restauro delle campane del Grumo di San Giovanni Bianco e la salvaguardia della campana di San Rocco di Fuipiano al Brembo. Accanto alla testimonianza sulle opere vi sono le persone, che costituiscono il centro di un’associazione: ricordo per questo la visita del direttore d’orchestra giapponese Koichi Okumura, studioso di campane antiche e moderne, uomo tanto profondo quanto umile nel suo presentarsi e nel suo agire, attento e generoso: lo stesso tratto che abbiamo sempre ritrovato nel carissimo Lorenzo Anesa, forse il più grande suonatore di campane di questo tempo, scomparso prematuramente nel settembre del 2016, lasciando un’immensa eredità musicale che sta a noi e ai nostri giovani studiare, apprendere e tramandare. ‘Maior quia humilior’ (il più grande e perciò il più umile) ha ben avuto a dire il prevosto di Gandino Don Innocente nel definire una persona così schiva quanto inimitabile in stile e disponibilità a condividere un patrimonio della memoria che sarebbe altrimenti andato perduto.

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Proprio sul tema della conservazione della memoria e della sua trasmissione desidero andare al cuore della mia riflessione. Il mondo della musica esiste in virtù del rapporto dialettico tra uomo e strumento musicale, nel nostro caso tra uomo e campana. Proprio il termine ‘strumento’ significa mezzo, via, cioè mezzo per esprimersi ed esprimere: ma non vi è strumento che possa esprimere la propria natura senza la mano dell’uomo. Cos’è un martello elettrico contro un vaso di bronzo o un vaso che ruota? Un simulacro di ciò che dovrebbe essere l’azione dell’uomo in tutta la sua creatività. Quest’anno 2016 ha visto un notevole movimento di persone all’interno dell’associazione: una buona parte dei ragazzi della Scuola Campanaria di San Giovanni Bianco ha lasciato il gruppo per diversi motivi e un altrettanto consistente numero lo ha sostituito, confermando la vocazione musicale del territorio brembano; il tradizionale concerto cittadino di Bergamo del 25 agosto per Sant’Alessandro ha avuto un’importante ricaduta positiva con la presenza di nuovi giovanissimi appassionati di 5-7 anni di età, confermando che ciò che attrae le famiglie non è il numero delle campane né la loro dimensione, bensì la capacità di costituire un gruppo compatto, dove ognuno si esprime all’interno di un perimetro definito, che è quello dei compiti e dei fini di un’associazione.

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Proprio questa ventata di rinnovamento del mondo campanario ha portato alla costituzione di un nuovo gruppo di suonatori a Santa Croce di San Pellegrino Terme, tra gli 11 e 13 anni di età, che inizia a muovere i primi passi in uno scenario profondamente rinnovato in cui emergono valori che vanno al di là del peso e della dimensione della campana, della sua tonalità o della sua intonazione. Negli ultimi anni, a ben vedere, ci stiamo muovendo dall’oggetto alla persona, che è a mio avviso la caratteristica che meglio definisce la nostra associazione e che la distingue dalle classiche associazioni campanarie esistenti. La mia professione d’insegnante e la mia vocazione alla condivisione delle esperienze mi hanno portato, dal 1998 a oggi, a credere più che mai nel valore della persona, nella proposta e condivisione delle esperienze progettuali, nella scoperta delle sue peculiarità e, in taluni casi, nel confronto aperto e franco su temi inerenti la gestione e lo sviluppo dei progetti atti al recupero e al rilancio della tradizione del suono manuale delle campane. Le scuole campanarie e gli strumenti didattici multimediali sono stati il primo passo per rileggere la tradizione e farla propria come patrimonio culturale.

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La Regione Lombardia, attraverso l’Ufficio Cultura e Tradizioni, definisce la nostra attività come ‘comunità di pratica’, vale a dire un’insieme di persone che condividono una passione e un’attività. Tuttavia, dietro quest’attività esiste una condivisione di valori che dev’essere il punto fondamentale per far sì che la nostra associazione possa compiere il salto più difficile, cioè quello del fare musica per il piacere dello stare insieme facendo servizio. I nuovi bambini che si avvicinano al mondo delle campane sono attratti dal suono dei bronzi ma vengono da esperienze spesso molto lontane dall’ambiente di chi è nato e cresciuto nei campanili. Da qui viene il compito di guidare i nuovi appassionati in questo mondo ed essere guidati a comprendere ciò che esiste attorno a questo mondo per renderlo sempre più aperto e fruibile. Sotto questo profilo, ritengo che le visite guidate al campanile, gli incontri di piazza con la musica e i concerti debbano diventare non solo un momento d’illustrazione tecnica di ciò che si sa fare, ma un momento di racconto di ciò che si vive all’interno dell’esperienza campanaria, elemento che attrae magneticamente chi viene dall’esterno.

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Quali obiettivi deve porsi a mio avviso l’associazione per il 2017? Essere una struttura sempre più accogliente e coordinata nelle sue varie parti, essendo in aumento il numero dei suonatori e diversificandosi la loro rispettiva zona di provenienza; porre l’obiettivo sociale, solidale e culturale come elemento rilevante che fa sentire accolti i nuovi suonatori; sviluppare le iniziative d’incontro con le persone come momento di dialogo e coinvolgimento pubblico. Accanto questo sta, ovviamente, l’impegno di ciascuno di noi ad aumentare il numero di campanili suonabili, presentandosi ai parroci e spiegando cosa sia la Federazione Campanari Bergamaschi, avendo il coraggio di esporsi personalmente a dinieghi ma anche pronti a cogliere opportunità importanti per ricreare situazioni di suono. Carissimi associati, noi dobbiamo essere portatori di cambiamento e non passivi seguaci delle volontà dei parroci. Se così avessimo agito in questi anni, ora staremmo suonando su una decina di campanili invece di oltre cento.

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Il portare cambiamento significa andare contro la corrente dell’appiattimento del pensiero comune: a tale proposito desidero lodare due nostri giovanissimi associati di San Giovanni Bianco e Boltiere che hanno con determinazione richiesto e ottenuto la ricollocazione del crocefisso nella propria aula scolastica, esempi che confortano sulla capacità di reagire rispetto al pensiero non tanto laico quanto inconsapevole della natura della nostra cultura. Allo stesso modo, all’interno dell’associazione dobbiamo farci portatori di questo pensiero: non è bello rimettere le corde e la tastiera perché è bello riaverle, bensì perché grazie alla loro presenza si rigenera una memoria. Proprio questo movimento di riscoperta ha condotto molti campanari a riposo a tornare in azione o a conoscere la memoria di campanari a riposo o di figli di campanari scomparsi: ciò porta a creare una sorta di ‘comunità affettiva’ che si riflette nel nostro operato, nella capacità di coinvolgere sempre nuove persone nel mondo campanario. Dal 23 settembre 2000, giorno della mia prima lezione presso l’allora nascente Scuola Campanaria di Roncobello, a oggi, sono passati più di 16 anni: l’emozione nel vedere un bambino imparare a suonare la Squilla di sera o imparare a tenere una corda resta la stessa del primo giorno. E credo che la capacità di emozionarci e di emozionare chi ci ascolta sui campanili o nelle chiese nei concerti di campanine, sia la molla che dà vita perpetua al suono millenario delle campane, mosse dall’uomo e dalla sua straordinaria e inesauribile creatività.

Buon anno a tutti!

Luca Fiocchi

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