Recensione del volume ‘Musicisti di campane’ di Claudio Montanari

Nel 2009, per la Libreria Musicale Italiana di Lucca, è uscito il volume di Claudio Montanari intitolato ‘Musicisti di campane. Le campane, le bilicature, le forme di suono’. L’opera affronta con spirito etnomusicologico la tematica del suono delle campane in Italia, focalizzando alcune delle situazioni ritenute di maggior interesse per offrire un quadro esaustivo sulle dinamiche musicali campanarie in corso nel nostro paese. Il testo parte dalla necessità di chiarire il valore sociale delle campane, richiamandosi a eventi storici di carattere locale in cui è emersa la valenza religiosa e civile della campana: particolarmente eloquente è il caso di Bologna, cui si dedica ampio spazio nel volume con riferimenti alle tecniche di suono e trascrizioni di suono. L’indagine trova senz’altro la sua parte più interessante nella divulgazione delle motivazioni storiche e sociali che hanno caratterizzato il radicarsi nel ruolo delle campane nei nostri centri abitati. Il rapporto stretto tra campana e società emerge nel momento in cui l’autore sottolinea come la campana sia un bene storico che cristallizza un determinato momento dell’evoluzione sociale con le sue iscrizioni, riferimenti a eventi bellici, segni di devozione locale. Dalla campana si passa a definire il campanaro come musicista, definizione a mio avviso assai indovinata, non tanto per l’ambizione di elevare un ‘manovratore di bronzi’ a nobile esecutore, quanto per aver evidenziato come il suono della campana debba necessariamente inserirsi nel paesaggio sonoro dei nostri contesti abitati. La necessità di sottolineare tale intuizione scaturisce evidentemente dal fatto che molta strada sia ancora da percorrere per giungere a tale obiettivo. Altro dato antropologicamente interessante che accomuna il panorama italiano a quello europeo – ben sottolineato da Claudio Montanari – concerne la trasversalità della provenienza sociale del campanaro. Se parlare di classe sociale appare oggi discutibile sotto diversi profili ideologici, è indubbio che attorno alla campana si raccolgono appassionati di versa estrazione sociale, esattamente come i fedeli del culto cristiano provengono da diversi contesti.

Lo studio della musica delle campane sotto il profilo numerico appare di notevole interesse e rimanda senz’altro ai fondamenti della scuola inglese, che già nel XVII secolo aveva costruito le molteplici combinazioni sonore del ‘change ringing system’ sul principio degli algoritmi. In questa sede l’autore considera in dettaglio alcune tipologie di suono locale (sistema di suono bolognese, friulano, veronese, ambrosiano di Desio) rinviando il lettore all’ascolto dei due CD allegati, documento rilevante per comprendere più da vicino alcune delle diverse tipologie di suono esistenti in Italia.

Va tuttavia sottolineata l’assenza di una bibliografia e di un sitografia di riferimento per comprendere la grande mole di lavoro che molti associazioni italiane stanno producendo in questi ultimi anni, alcune delle quali non appaiono menzionate, sia con pubblicazioni discografiche che opera di divulgazione e informazione campanaria via web. Allo stesso modo – com’è naturale che accada in lavori di ricerca che si sforzano di offrire al lettore una fotografia di un panorama variegato quale quello italiano – si nota un deciso squilibrio nello spazio dedicato all’analisi delle diverse tradizioni locali.

Tutto questo non toglie merito a una ricerca che, a partire da una prospettiva etnomusicologica indiscutibilemente valida, dà un notevole contributo in termini di riflessioni, di immagini e di suono al nostro panorama editoriale italiano, che inizia ad arricchirsi di pubblicazioni in materia.

Claudio Montanari, ‘Musicisti di campane’, Libreria Musicale Italiana, Lucca, 2009.

ISBN 978-88-7096-568-1

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