Incontro con la figlia del campanaro di Gandino ‘Manòt’

Incontro con la Signora Lina Picinali, figlia dello storico campanaro Manòt, nel cuore di Gandino. Classe 1932, Lina Picinali è l’ultima figlia di uno dei maggiori campanari della storia della tradizione di Gandino. Innovatore del repertorio, Quirino Picinali (1880-1962), soprannominato appunto Manòt (secondo la tradizione tipica dei casati o scötöm bergamaschi), aveva introdotto molta musica da ballo e marce in un repertorio sostanzialmente severo, costituito da inni religiosi e rielaborazioni di brani d’opera, con l’unica eccezione del ballabile Valzerù.

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La signora Lina Picinali, ultima vivente dell’ampia famiglia un tempo residente a Ca’ da poz, ha ricostruito lucidamente la figura paterna. Un uomo retto, nelle parole della signora, dedito al lavoro e alla famiglia, animato dalla grande passione per il lavoro di falegname, le fatiche dei campi e il suono delle campanine. Compositore a orecchio di molti brani ballabili entrati nel repertorio di Gandino, Manot amava condividere le sue composizioni con la famiglia, spesso accompagnato dal figlio Martino, nato nel 1911 e morto nei primi anni ’90. A lui si deve la salvaguardia di una parte importante del repertorio di Gandino, trascritto dal Maestro Nodari nel 1950 dietro esecuzione di Manot. Dalla trascrizione emerge un’esecuzione, tuttavia elegante e ricca, che fu modello per l’allievo Andrea Castelli, che divenne campanaro ufficiale nel 1957.

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Manot rinnovò un repertorio sino ai primi del Novecento strutturato attorno anni religiosi, rielaborazioni di pezzi d’opera che venivano quasi certamente proposti all’organo dagli esecutori locali durante le messe dell’epoca, qualche marcia e un unico brano ballabile, il Valzerù, suonata di prima classe. L’introduzione dei ballabili avvenne gradualmente in occasione dei battesimi, che a seconda della disponibilità economica del committente poteva essere di prima, seconda o terza classe. I brani di prima e seconda classe erano tripartiti, mentre le suonate di terza classe erano bipartite e di natura piuttosto semplice, tutti accomunati da grande orecchiabilità. Manot era solito suonare nelle feste e nel pomeriggio delle domeniche, come ricorda Lina. Di carattere mite e paziente, il talento di falegname lo aveva portato a costruire molte campanine in vetro per sé e per gli allievi.

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Una cassetta di legno, fili di lana per sostenere i risuonatori in vetro tagliati con punta di diamante e intonati a orecchio, colla da falegname erano gli ingredienti per costruire uno strumento. La foto scattata nel 1932 dallo svizzero Paul Scheuermeier nelle sue indagini etnografiche sulle Alpi (ben visibile sulla pagina della Regione Lombardia dedicata alla tradizione campanaria bergamasca Patrimonio Immateriale delle Regioni Alpine) ritraggono Manot con il suo risuonatore di 17 vetri accompagnato in posa dal figlio Martino, suonatore di chitarra che in quell’occasione armeggiava uno strumento costruito dallo stesso Quirino Picinali. Sullo sfondo dell’immagine, scattata nel mese di settembre del 1932, s’intravvede la moglie di Manot, nata nel 1885, che a 47 appare in attesa della bambina che nascerà due mesi dopo, Lina Picinali, la nostra informatrice. Nell’incontro con la signora Lina passato e presente si congiungono sublimandosi in un’immagine emblematica. Lina Picinali immerge i propri ricordi nel volume edito da Regione Lombardia sulle foto di Scheuermeier, dando per la prima volta una precisa identità alle figure ritratte dallo svizzero e definite piuttosto asetticamente come donne o contadini.  

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Appaiono in realtà la madre e una sorella maggiore, il padre intento nel lavoro dei campi, il fratello Martino con le maschere di Carnevale che, secondo il racconto di Lina, venivano appese alla finestra e tutto il periodo della festa prima della Quaresima. L’incontro tra i ricordi e le immagini anonime ora svelate producono emozioni inattese nei responsabile della ricerca della Regione Lombardia, presenti a Gandino per l’occasione. L’impatto risulta ancor più emotivo nel momento in cui si estraggono delle campanine in vetro e si suonano i brani di Manot restati sulla carte e più eseguiti dai successori Castelli. Lina si commuove riconoscendo nelle note che volano dalla carta alle campanine l’invenzione paterna. Si tratta così della seconda opera di riconoscimento: confermare la paternità di brani che grazie al lavoro delle scuole campanarie della Federazione sono tornati a vivere sui campanili e nei concerti.

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Lina Picinali osserva le campanine presenti, di fattura moderna, e le paragona a memoria con quelle paterne. Ricorda lo Stabat Mater che eseguiva il padre sulle campanine e che anch’essa aveva imparato da bambina: lo suona e lo canta con voce antica di stile religioso-popolare. Il padre era il preciso punto di passaggio tra il repertorio antico e quello moderno dei ballabili, che si sarebbe conosciuto fuori Gandino dagli ’70 con Lorenzo Anesa. Se il senso della ricerca etnografica è quello di ricostruire le parti mancanti di un puzzle, il lavoro svolto con Lina Picinali ha aperto scenari affascinanti per comprendere figure di un mondo popolare che si è trasformato e vive nelle mani dei campanari giovani, maggiormente consapevoli, rispetto a trent’anni fa, dell’eredità culturale di cui si fanno promotori e divulgatori. 

04Grazie di cuore alla signora Lina e alla figlia Marina per la grande disponibilità, chiave fondamentale per dare valore aggiunto all’opera di Scheuermeier, della Regione Lombardia e dei campanari bergamaschi, che si riconoscono con orgoglio nella tradizione secolare del suono d’allegrezza e dei suoi compositori di matrice popolare. Passato, presente e futuro conoscono continuità nella memoria e nel gesto.

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