Le campane

La storia delle campane in bergamasca

La Diocesi di Bergamo e la sua Provincia – che coincidono territorialmente eccetto alcune sporadiche zone periferiche di confine con i territori di Cremona, Brescia e Milano – annovera uno dei patrimoni campanari più interessanti della penisola italica, caratterizzata da un elevato numero di concerti campanari e da un patrimonio vivo, attivo e in fase di piena riscoperta e rivalutazione sotto il profilo storico, sociale e culturale. Dalla seconda metà del XVIII secolo, nella provincia di Bergamo s’iniziano a fondere concerti di cinque e più campane; da strumento di richiamo per le funzioni religiose, la campana diviene così strumento musicale, probabilmente su influsso delle correnti mercantili e culturali provenienti da Francia, Belgio e Olanda, paesi ove si sviluppò dapprima la tradizione del suono delle campane ‘a carillon’ (la prima testimonianza viene da Malines, in Belgio, nel 1510). La profonda differenza che si creò tra la tradizione dei carillon del nord Europa e quella lombarda si concretizzò nel repertorio: se nei paesi citati l’uso del carillon spaziava dalla musica tradizionale all’esecuzione di brani d’autore di carattere classico, tratti dal repertorio organistico o scritti da compositori espressamente dedicati al suono del carillon, in Lombardia e, in particolare, in provincia di Bergamo, il repertorio fu sin dall’inizio di carattere squisitamente popolare, con brani ballabili di origine antica quali monferrine e scòtish, cui si aggiunsero nel XIX secolo i grandi balli di coppia di origine boema, polacca e austriaca quali polca, mazurca e valzer. A tale repertorio si sommò quello delle marce, su influsso della letteratura delle bande civiche che, in molti casi, avevano al proprio servizio diversi campanari. In qualche caso si riscontrano frammentarie rielaborazioni di arie d’opera, la cui vita fu però difficile a causa del limitato numero di campane disponibili sul campanile e l’impossibilità di eseguire cromatismi, proprio per la natura puramente diatonica in modo maggiore del canto popolare e della sua musica, riflettuta, in questo senso, sullo strumento campana. La particolarità del repertorio bergamasco sta nel fatto di essere perfettamente a cavallo tra sacro e profano: i parroci non hanno mai rifiutato l’idea che sul campanile si suonasse musica profana per le festività religiose (si aggiunga il fatto che a Bergamo le campane non vengono mai a suonate a carillon per ricorrenze di carattere civile), tant’è che gli unici brani a carattere religioso sono qualche sporadico inno locale, l’Ave Maria di Lourdes e le pastorali natalizie.

Il “Campanone” della Torre Civica di Bergamo, fuso da Bartolomeo Pisenti nel 1655

Tra i primi dell’Ottocento e la metà del XX secolo la tradizione conobbe uno sviluppo esponenziale, con ampi concerti e repertori diversificati a seconda delle zone, le cui dimensioni rispondevano alla necessità di eseguire brani a tastiera con melodie articolate. Sebbene esse non superino mai i dieci suoni (Do1-Mi2) in sala diatonica, la fantasia del campanaro era tale da aver prodotto circa 500 brani per cinque, otto o dieci campane. Gandino, centro artigianale di grande rilevanza e ricchezza artistica, possedeva dieci campane in Si grave già nel 1788. È assai probabile che l’aumento del numero di campane sia stato stimolato dall’uso delle ‘campanine’, xilofono con risuonatori in vetro di costruzione interamente artigianale, frutto di un mondo agricolo in cui il silenzio predominava ancora sul suono dell’industria: il campanaro, che esercitava a casa i brani da eseguire a tastiera sul campanile nei giorni di festa, sentì la necessità sempre crescente di chiedere, alle parrocchie per cui prestava servizio, concerti in grado di riprodurre le suonate fatte sul suo piccolo strumento. Nel corso dell’Ottocento e nel primo Novecento ogni parrocchia fece a gara con le altre per commissionare i concerti più grandi (anche se non sempre di miglior qualità sonora). Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Benito Mussolini, in crisi per la mancanza di materie prime per la fabbricazione dei cannoni, decise di far togliere dalle chiese le campane più grosse per rifondere il bronzo trasformandolo in armi. La decisione scatenò le ire dei fedeli, che in diversi modi si opposero a tale decisione: a Palazzolo sull’Oglio, nella vicina provincia di Brescia, le cinque campane in Si bemolle del 1840 vennero calate nottetempo e nascoste nei fienili in aperta campagna; a San Giovanni Bianco, in Val Brembana, quando giunse la notizia della requisizione delle campane, i fedeli decisero di calare le campane risalenti alla seconda metà del XIX secolo e di scavare delle buche per nasconderle. Superata la perdita degli antichi bronzi con la fusione di nuove campane (non più di preziosa fattura come quelle precedenti), la tradizione iniziò a soccombere di fronte all’automazione dei concerti e all’eliminazione dei sistemi manuali, evento che ha comportato, in molti luoghi, la perdita del patrimonio orale. Negli ultimi anni si è osservata un’importante inversione di tendenza con la creazione, da parte della Curia Diocesana di Bergamo, di una Commissione Tecnica per la Campane, che si preoccupa di tutelare i concerti che devono essere automatizzati, promuovendo la reinstallazione di corde e tastiere in occasione dei restauri dei concerti già elettrificati. Tale azione dimostra come le campane vengano oggi viste come patrimonio culturale, oltreché religioso, per cui la loro sopravvivenza può essere garantita attraverso concerti, corsi di formazione e attività divulgative miranti a risvegliare l’interesse tra la popolazione, nel rispetto del grande amore per il suono dei bronzi manifestato nel passato dai nostri avi.

Alzano Maggiore, Basilica di San Martino – rimozione bellica anno 1943

La fusione delle campane

Le campane – chiamate anche bronzi – sono il risultato della fusione di una lega metallica formata per un 75% da rame e per un 25% da stagno, con una variazione del 5% circa. Nei secoli scorsi venivano utilizzate anche minime percentuali d’argento, che contribuivano a dotare le campane di una particolare ricchezza di armonici. Altri variabili che concorrono all’intonazione della campana sono l’altezza, la circonferenza, lo spessore delle pareti e, ovviamente, il peso.

Antico forno fusorio presente al pian terreno della fonderia Barigozzi di Milano, chiusa nel 1975 e trasformata in museo storico.
Antico forno fusorio presente al pian terreno della fonderia Barigozzi di Milano, chiusa nel 1975 e trasformata in museo storico.

La prima fase della nascita di una campana è la costruzione di un modello. Il modello è composto da tre parti: anima, falsa campana e un rivestimento esterno detto mantello (o camicia).

  • L’anima, costituisce la forma della campana. Per far l’anima della campana bisogna in primo luogo costruire un’armatura in mattoni. Al centro viene posto un perno rotante, che viene preparato calcolando la centralità e la verticalità della campana, elementi essenziali per una sua corretta intonazione. Sul perno rotante viene posta una sagoma della campana in legno.
  • La falsa campana viene ottenuta come segue. La sagoma – che è cava al suo interno e che presenta un foro nella parte alta – viene successivamente ricoperta con strati di argilla speciale, resistente all’azione corrosiva del metallo, sino ad ottenere una superficie levigata. I vari strati di argilla vengono essiccati mettendo carboni ardenti all’interno dell’anima di mattoni attraverso gli sfiatatoi praticati alla base. Tolta la sagoma, si ha la falsa campana, che è la copia fedele della campana da fondere. Sulla falsa campana vengono tracciate le immagini e i fregi che devono ornare la campana. Sulla falsa campana vengono poi applicati i fregi di cera appositamente preparati. Con il sistema della cera persa si preparano anche le lettere per le iscrizioni.ù
  • Il mantello costituisce l’ultima fase della preparazione. Si ottiene sovrapponendo altri strati successivi di argilla sulla falsa campana (in alcuni casi rivestita anche da strati di cenere e pasta liquida) con lo scopo di formare uno strato esterno che deve chiudere bene la falsa campana prima della colata del bronzo. Viene poi acceso il fuoco all’interno dell’anima per far sì che lo strato di cera posto sulla falsa campana si sciolga, assorbito dall’argilla, e imprima, in negativo, le iscrizioni, i fregi e le immagini. Sollevato il mantello, la falsa campana viene distrutta fino a riscoprirne l’anima. Si ricolloca quindi con precisione il mantello sull’anima. Lo spazio prima occupato dalla falsa campana rimane vuoto e viene riempito dal metallo fuso. La forma viene calata in una fossa e coperta da terra. Il bronzo entra a 1150° nei fori lasciati in alto tra l’anima e il mantello. A questo punto lo stampo viene distrutto per estrarre la campana.

Una volta fusa la campana, può rendersi necessario un affinamento dell’intonazione, in quanto può risultare crescente o calante fino a un quarto di tono. Le dimensioni della campana obbediscono necessariamente alle leggi dell’acustica. Il numero delle vibrazioni della campana sono in rapporto inverso rispetto al diametro: il diametro aumenta man mano che il tono della campana scende. Asportando il bronzo dalla parte interna, il diametro aumenta e l’intonazione cala, mentre asportando il bronzo dall’esterno il diametro diminuisce, facendo crescere l’intonazione. Terminata l’eventuale operazione di correzione dell’intonazione, la campana viene lucidata. Prima della sua installazione sul campanile, la campana viene benedetta.

Baresi, anno 1954 Benedizione delle campane

La meccanica delle campane

La conoscenza del mondo delle campane non deve limitarsi a sapere suonare d’allegrezza e a distesa, ma deve necessariamente comprendere anche la parte relativa alla meccanica delle campane, alla nomenclatura delle parti che costituiscono l’inceppatura e le sue caratteristiche. Altrettanto importanti sono tutte le nozioni relative alla loro manutenzione, il loro stato di conservazione. Altro aspetto rilevante concerne il suono a corda e le corde stesse, il suono a tastiera, la struttura del “gioco a festa” (la griglia da cui partono tutti i rinvii che collegano le palette della tastiera ai batacchi delle canpane), la manutenzione dei suoi fili e la loro sostituzione in caso di usura.
In questa pagina indichiamo per sommi capi alcuni aspetti rilevanti della parte manuale delle campane. Ai campanari spetta il compito di vigilare sul buono stato degli impianti. Alle ditte va l’incarico di favorire il miglioramento tecnologico non solo sotto l’aspetto delle automazioni e dell’elettronica, ma anche della parte meccanica, che spesso soffre di gravi carenze.

Schema con nomenclatura delle parti di sostegno, bilanciatura e movimentazione della campana utilizzate attualmente per il suono a sistema ambrosiano.

Legenda

  • Batacchio – In materiale ferroso, viene assicurato a una maniglia posta nel cielo della campana (al suo interno) per mezzo di una robusta striscia in cuoio, e viene ulteriormente assicurato da una cordina di sicurezza. Battendo contro l’incavo della campana consente al bronzo di risuonare.
  • Bocce – Pomoli dotati nella parte inferiore di tiranti aventi la funzione di bloccare le piastre dei contrappesi.
  • Ceppo – Struttura in ghisa avente la funzione di sostenere la campana tramite la ferramenta di sostegno debitamente imbullonata.
  • Ferramenta di sostegno – Pezzi denominati cavallotti (posti frontalmente) e occhioli (posti lateralmente) aventi il compito di assicurare il collegamento della campana al ceppo.
  • Isolatore – Pezzo di legno in rovere maschiato che viene posto tra la maniglia della campana e il ceppo. Ha la funzione di assorbire le vibrazioni impresse dalla campana sul ceppo stesso, evitandone in tal modo la rottura.
  • Maniglie – Treccia fusa posta all’estremità superiore della campana. Consente il passaggio della ferramenta e il fissaggio di quest’ultima al ceppo per mezzo di bulloni.
  • Perni – Cilindri sporgenti dal ceppo che alloggiano nei supporti dei cuscinetti a sfera. Consentono al ceppo di poter ruotare tramite movimento della ruota e di produrre conseguentemente il movimento della campana.
  • Ruota – Ha il compito di consentire il movimento del ceppo e il conseguente movimento della campana. La ruota viene collegata al ceppo mediante imbullonatura. La ruota può essere singola, quando l’impianto è manuale o doppia quando l’impianto è elettrico. La ruota manuale in questo caso è posta all’interno e quella dell’impianto elettrico all’esterno, in quanto saldata mediante ferri piatti alla prima già esistente. In alcuni casi – purtroppo – esiste solo la ruota dell’elettrico. Ciò significa che non è stata applicata la doppia ruota, e che dunque la ruota manuale è stata utilizzata per l’elettrificazione.
  • Scatola dei contrappesi – Spazio posto nella parte superiore del ceppo. Viene riempito da piastre di ferro aventi la funzione di bilanciare il peso della campana e consentire in maniera piuttosto agevole il suo posizionamento a bicchiere durante il suono a concerto.
  • Tirante – stanga in ferro fissata trasversalmente al ceppo e alla ruota. Contribuisce a conferire maggiore stabilità alla movimentazione del complesso.
Campana del Santuario della Madonna della Coltura a Lenna – Bizzozzero 1718

Analisi e caratteristiche delle varie parti del complesso campanario

Incastellatura – L’incastellatura costituisce l’elemento fondamentale di sostegno e supporto di un concerto campanario. Come si può notare dal modellino posto in alto, di origine decisamente arcaica e adattata per un concerto con struttura interamente in legno, il suo compito è quello di supportare tutto il peso del concerto, nonché di saper ripartire il peso delle campane in maniera uniforme sulla struttura su cui poggia. Per tale motivo, si tende (e si auspica) oggigiorno, in bergamasca, a costruire telai in ferro con ammortizzatori posti alla base, in modo tale che le spinte delle campane, decisamente energiche se mosse dai motori. L’assenza di ammortizzatori provoca con gli anni profonde fessure nella struttura muraria, tali da rendere necessarie serie opere di consolidamento, come sta avvenendo in questi anni su molti dei nostri campanili.

Inceppature – Le campane sono sostenute nella grandissima maggioranza dei casi dal ceppo ambrosiano, oggi in ghisa ma in origine in legno. Come detto in precedenza, la campana viene assicurata al ceppo tramite le maniglie o trecce poste in cima alla campana e fuse su di essa e supportata da cavallotti e occhioli che bloccano con dadi il suo possibile movimento. Un ruolo determinante è dato dall’isolatore. Si tratta di un ammortizzatore in rovere che ha il compito importantissimo di attutire i colpi dati dalla campana. In assenza di ammortizzatori o in caso di sua usura, il ceppo si può crepare e si rende necessaria – nella maggioranza dei casi – una sua sostituzione. La grandezza del ceppo in ghisa è proporzionata alla dimensione della campana, così come sono proporzionati gli isolatori e la ferramenta (cavallotti, occhioli, ecc.). L’isolatore può deteriorarsi per opera degli agenti atmosferici. Se il legno marcisce, la ferramenta non riesce più a tenere la campana saldamente fissata al ceppo. I bulloni si allentano e la campana comincia a “giocare” pericolosamente. Si rende necessario sostituire l’isolatore con altro nuovo. Se l’isolatore è invece in buone condizioni, si tratta di stringre la ferramenta allentata. Ogni campana può presentare comunque situazioni differenti.

Nella parte alta del ceppo è collocata la scatola o cassa dei contrappesi. In essa si trovano piastre di ferro o, se il concerto è ancora di vecchia data, cemento. Queste hanno la funzione di bilanciare il peso della campana e aiutare il suo posizionamento “a bicchiere” o “in piedi”. È estremamente importante bilanciare correttamente la campana, onde evitare, nel suono manuale, di avere campane troppo veloci o troppo lente, o campane che ritornano in piedi molto velocemente rispetto alla loro caduta. Sopra la scatola dei contrappesi abbiamo poi le tre bocce, che dotate di viti passanti vanno a bloccare le piastre messe all’interno delle scatole dei contrappesi e debitamente forate per essere bloccate da queste viti. Ciò onde evitare che le piastre si muovano all’interno della scatola e vadano a compromettere la stabilità della campana. Al ceppo viene poi fissata tramite ferramenta la ruota singola manuale o la doppia ruota (manuale ed elettrico). Tirando la corda o muovendosi la catena del motore, la campana viene mossa e portata a bicchiere nel caso in cui si suoni a concerto o si diano i segni dell’Ave Maria. Il ceppo viene alloggiato all’incastellatura per mezzo di perni che vanno a infilarsi in supporti dotati di cuscinetti a sfera rotanti, atti a favorire il movimento del ceppo. I supporti vanno debitamente curati e ingrassati, onde evitare conseguenti danni nel movimento dei perni. I ceppi di vecchia data presentano al loro interno cemento piuttosto che piastre in ferro, come si usava fare negli scorsi decenni. Con il tempo e l’umidità, il cemento tende a dilatarsi progressivamente e far soppiare il coperchio posto a copertura della scatola dei contrappesi. In questo caso è necessario aprire la scatola, ripulirla del materiale vecchio e preparare nuove piastre in ferro da assicurare con tiranti in ferro.

Campana – La campana va mantenuta in buon uso unitamente al batacchio, che ha direttamente il compito di produrre il suono. Il batacchio viene sostenuto all’interno della campana tramite robuste striscie di cuoio supportate da cordine di sicurezza, al fine di evitare che un suo distacco e conseguente caduta possa provocare danni o disgrazie. Assai importante è la relazione tra la campana e il batacchio. Una percussione ripetuta nel tempo da parte del batacchio sul medesimo incavo della campana produce un infossamento di quest’ultima e un’usura del batacchio, che può addirittura rompersi. In caso di infossamento, la campana va “girata” o ruotata per cambiare punto di battuta, mentre il batacchio deve subire una necessaria riforgiatura della sua boccia. Va posta estrema attenzione al materiale usato per forgiare batacchi nuovi. Spesso il suono di quelli nuovi risulta estremamente secco e impoverisce la qualità di suono dei bronzi, anche dei migliori. Altrettanto importante è la cura del cuoio che sostiene i batacchi. Se questo è vecchio o deteriorato, il batacchio, quando la campana va a bicchiere, scivola lentamente contro il cielo della campana, rischiando di danneggiare il bronzo. Tale deterioramento si può notare quando la campana va a bicchiere e si ode chiaramente lo strisciare del batacchio contro l’incavo della campana prima della sua percussione.

Un altro aspetto importante relativamente alla manutenzione della campana è la condizione delle maniglie. Se i fermi di fine corsa posti sulle ruote delle campana vengono fatti ripetutamente ribattere contro le balestre fissate all’incastellatura, le maniglie possono rompersi, per cui viene meno la sicurezza del collegamento campana-ceppo. Una campana con le trecce rotte potrebbe staccarsi da un momento all’altro, sicché è necessario avere estrema cautela nel suono manuale delle campane. Idem dicasi nel caso degli impianti elettrici. Sugli impianti vecchi o inefficienti, dotati di freno motore mal funzionante o mal registrato, la campana ferma la sua corsa solo quando il fermo va impattare contro la balestra. Tenuto conto della spinta data dai motori, si può immaginare quali conseguenze negative per le campane possono derivare.

Corde – Le corde vanno tenute in buone condizioni e devono essere soprattutto proporzionate alle campane. Devono correre fino in fondo al campanile anche quando l’impianto è a “doppio sistema” e devono essere mantenute libere di scorrere. S’invita caldamente a reinstallare le corde sugli impianti elettrici che ne sono stati privati al fine di conservare e ripristinare la tradizione. Le corde vanno assolutamente tenute agganciate alla ruota della campana e tenute perfettamente funzionanti anche in caso di elettrificazione. Una volta elettrificate, le canpane devono ancora poter andare in balestra quando suonate manualmente. Ciò vuol dire che i fermi non vanno spostati. Vanno tutt’al più regolati per favorire un compromesso con l’elettrico, senza tuttavia toccare il principio della campana che vada “in balestra” quando suonata manualmente.

Tastiera – La tastiera è l’altro elemento caratteristico del suono bergamasco. Molte tastiere sono cadute in disuso e si presentano oggigiorno arrugginite. Moltissime però sono state portate via dai campanili insieme alle corde nel momento dell’elettrificazione. Altre sono state eliminate quando vecchi castelli in legno sono stati sostituiti da nuovi telai in ferro. Di fronte a quest’opera scriteriata e decisamente anticulturale operata dalle ditte del settore, si spinge oggi a un ritorno alla loro presenza sui campanili. Si tratta di un elemento fondamentale della nostra cultura religiosa e popolare, sovente eliminata in favore di tastiere elettriche poste sui computer che non possono in alcun modo rispondere alle esigenze del suonatore. Il campanaro tende ad arricchire e caratterizzare le melodie con sfumature che la tastiera meccanica può rendere pienamente. Quella elettrica risponde invece a malapena agli impulsi dati dalla base del campanile o dalla sacrestia. Per tali ragioni si rende necessaria una riconsiderazione del ruolo delle tastiere manuali e un loro ripristino esteso tanto sui concerti a cinque campane come su quelli a otto e a dieci campane. La tastiera e il gioco vanno mantenuti in buon uso cambiando i fili arrugginiti, sostituendo i ganci rovinati, lubrificando le parti arrugginte che appesantiscono il lavoro delle squadrette e dei rinvii per azionare efficacemente i batacchi contro l’incavo delle campane.

Un ottimo prospetto di funzionamento del sistema ambrosiano viene offerto dallo studioso campanaro veronese Matteo Padovani, che riportiamo sotto. Clicca sull’immagine per vedere il prospetto ingrandito.