Appunti per il suono a scala in bergamasca

I termini ‘suono a scala’, ‘suono a distesa’, ‘suono a concerto’ , ‘tirare in piedi’ o ‘suonare a longa’ indicano genericamente il suono a corda che produce scale, combinazioni sonore che obbediscono, nella maggior parte dei casi, a una sequenza melodica ben definita. Tale sequenza si fonda su cinque, otto o dieci campane, a seconda del tipo di concerto su cui ci si trova a suonare.

Sebbene l’origine del suono a scala sia ancora da definire, sotto il profilo storico appare inquadrabile nella seconda metà del XVIII secolo, quando si inizia a fondere concerti di campane in scala che rompono con la tradizione dei gruppi di tre campane ‘a salto’ collocati su buona parte dei campanili della Lombardia. L’idea di rendere le campane strumento musicale conduce alla produzione di complessi intonati in scala diatonica, d’accordo tanto con il principio della scala musicale più diffusa nel mondo occidentale dell’epoca, come con l’idea di rendere i bronzi interpreti di un repertorio e di un sentire popolare.

Un prima testimonianza importante sul suono a scala in Europa viene dall’Inghilterra, dove nel 1650 s’iniziano a fondere concerti di otto campane con inceppatura assimilabile al sistema veronese, suonate in scala dalla campana minore alla maggiore, arricchita da combinazioni in cui ciascuna campana si combina con le altre secondo leggi algoritmiche. Tale fenomeno risulta essere chiaro indizio dello sviluppo della cultura matematica in Inghilterra e della sua applicazione nel campo della composizione organistica e corale con l’affermarsi definitivo del contrappunto.

L’inceppatura ambrosiana, nata certamente attorno al 1750, si caratterizza per la volontà di rendere la campana soggetta a due tipi di rotazione opposti, i quali fanno sì che al tiro della fune vadano a corrispondere due suoni. Non ci si è ancora spiegati il motivo di tale scelta; certamente, tuttavia, nasceva l’idea di poter imprimere una pausa al suono ininterrotto che veniva dal sistema a slancio, ovunque vigente sino alla metà del Settecento. Grazie all’inceppatura ambrosiana, caratterizzata da un marcato bilanciamento del bronzo attraverso contrappesi in pietra e da un’incastellatura interamente lignea, l’uomo di mette a confronto diretto con la campana, quasi a sfidare la sua mole per poterla gestire singolarmente, portandola ‘a bicchiere’ per prepararla a ‘concertare’ con le altre campane.

Da questo disegno ha origine la tipica scala ambrosiana, data dalla combinazione delle campane di numero dispari (I-III-V-VII) con le campane di numero pari (II-IV-VI-VIII). In tal modo si osserva la nascita di un andamento melodico che così potremmo rappresentare:

Si può notare che ciascuna nota ‘suona’ due volte, rappresentando in tal modo il doppio colpo dato da ciascuna campana. Dall’intreccio geniale dei suoni ha origine la scala ambrosiana, che accomuna il suono delle campane della pressoché totalità delle Diocesi lombarde, con eccezione della Valtellina, che mantiene l’arcaicità del suono a slancio anche su concerti accordati in scala diatonica.

Entrando nello specifico di Bergamo, il suono ‘a scala’ si è sempre mosso sul principio del suono ‘al botto’, vale a dire producendo accordi invece di suoni alternati ed equidistanti:

Dalla creazione della ‘scala base’ hanno avuto origine i cosiddetti ‘passi’, cioè frammenti di scale o scale per otto campane che partono gradualmente dalle campane piccole per giungere alle più grosse, ma con combinazioni profondamente diverse, alla ricerca di soluzioni sonore che concilino combinazioni matematiche tra le campane ed effetti musicali originali. Dai ‘passi corti’ che coinvolgono le otto campane del concerto.

Vediamo in dettaglio una serie di esempi:

Distesa iniziale e alzata delle campane

La distesa iniziale prevede che s’inizi dalla campana minore (I), introducendo gradualmente tutte le campane del concerto fino alla campana maggiore (VIII). Dopo aver raggiunto la distesa piena, le campane vengono portate a bicchiere a comando, dalla minore alla maggiore.

Tre campane grosse

Vengono chiamate VI e VII. L’VIII parte quando sente il primo botto della VI.

Quattro campane grosse

Vengono chiamate la V e la VI. La VII parte quando sente il promo botto della V. L’VIII parte quando sente il primo botto della sesta.

Cinque campane grosse

Vengono chiamate la IV e la V. Chi tiene la VI parte quando sente il primo botto della IV. Chi tiene la VII parte quando sente il primo botto della V. Chi tiene la VIII parte quando sente il primo botto della VI.

Scala

Vengono chiamate la I e la II

Chi tiene la III parte quando sente il primo botto della I. Chi tiene la IV parte quando sente il primo botto della II.

Chi tiene la V parte quando sente il primo botto della III. Chi tiene la VI parte quando sente il primo botto della IV.

Chi tiene la VII parte quando sente il primo botto della V. Chi tiene l’VIII parte quando sente il primo botto della VI.

Da qui hanno inizio i cosiddetti ‘passi’, vale a dire scale che partono gradualmente dalle campane più piccole per scendere verso le maggiori. Vediamo una serie di esempi.

2-3-1

Si parte chiamando II e III; la I viene chiamata subito dopo la terza. Le altre campane vanno al botto della campana relativa, come nel caso della scala completa I-VIII.

3-1 4-2

Vengono chiamate a breve distanza III-I dopodiché IV-II. La prima e la seconda suonano da sole e hanno funzione puramente decorativa.  La scala parte sostanzialmente con III e IV. Ogni campana va al botto della campana relativa, come nella scala completa.

5-3-1 6-4-2

Si tratta di una scala che parte da V e VI. Vengono costruiti due arpeggi discendenti dalla prima verso la quinta e dalla seconda verso la sesta. La VII e l’VIII vanno al botto di V e VI.

5-1-2

Scala che si muove su due livelli. Chiamo la V e la VII va al botto. Prima che la VII vada al botto della V, chiamo I e II. La III va al botto della I, mentre tutte le campane pari (IV-VI-VIII) vanno al botto della II. La VII va due volte.

Sunada del Sciur Preost

Scala dedicata tradizionalmente al Prevosto e divenuta una delle scale caratteristiche del sistema bergamasco. Consiste in una serie di suoni ‘al botto’ così composti:

VI-VIII al botto, V-VII al botto, IV-VI-VIII al botto, III-V-VII al botto, II-IV-VI-VIII al botto

I-III-V-VII al botto, II-IV-VI-VIII al botto, III-V-VII al botto, IV-VI-VIII al botto

V-VII al botto, a metà tra V e VII viene chiamata al VI-VIII al botto.

Sunada longa

Suonata lunga in quanto allunga la scala normale con una serie di raddoppi delle campane centrali.

Viene chiamata la I-III al botto. A metà tra la le due campane viene chiamata la II-IV al botto.

Le campane III, IV, V e VI vanno due volte, dando così quattro colpi.

La VII e l’VIII vanno al terzo botto della V e della VI.

Sunada tröca

Scala in cui si ‘trucca’ una delle campane maggiori (V,VI o VII). In questo caso si ‘trucca’ la VII, che parte un attimo prima della V.

Scale finali

Nel finale del concerto si è soliti eseguire una sequenza fitta di scale normali. All’ultima scala si lasciano andare le campane a dondolo finché si fermano naturalmente.

Gli esempi che abbiamo fornito sono una piccola parte delle combinazioni possibili. Il principio base resta quello della scala dritta, attorno alla quale sono state costruite molte variazioni e portati arricchimenti tramandati nel corso dei secoli sino ad oggi.

Si rimada ad altra sede per una trattazione maggiormente approfondita.

Le campane utilizzate come esempio sono quelle del concerto di San Tomaso de’ Calvi in Bergamo.

2 Responses

  1. Marvin Corno ha detto:

    Interessante spiegazione.
    Mi si conceda un appunto sulla nascita del sistema ambrosiano.
    Da mie ricerche archivistiche si parla di “montaggio di ruote” ai ceppi delle campane ben prima del 1750, già nel 1730 è diffuso ampiamente nelle parrocchie foranee della Diocesi Ambrosiana.
    La nascita del sistema ambrosiano è più verosimilmente da collocare a cavallo tra la fine del ‘600 e i primi anni del ‘700.
    Cordialmente.

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